Questo Blog è un omaggio di Eugenia Galardi, studiosa e amica di Elena Bono, in occasione della ricorrenza del 25 aprile 2023, per ricordare anche la sua poetica impegnata nella Resistenza


Ecco il video di una delle ultime apparizioni pubbliche di Elena Bono, durante una festa nella sua casa, realizzato da Eugenia Galardi. Elena qui recita tre sue poesie sulla Resistenza.





Questo è un testo mai pubblicato prima, scritto nel 2021 da Eugenia Galardi in occasione del centenario della nascita di Elena Bono, che l'amica vuole condividere con chi ha amato il lavoro di Elena Bono https://it.wikipedia.org/wiki/Elena_Bono


RISPOSTA A ELENA

di Eugenia Galardi



 

Elena Bono, poetessa e drammaturga è morta da qualche mese, quando mi appare in sogno  mentre recita sue poesie da un palco laterale  di teatro molto simile all’Eliseo di Roma (1).  Che meraviglia che abbia ancora una voce così giovane e potente. La scena  si sposta nella sua casa, dove  tra poco Elena con Gian Maria Mazzini, suo marito tornerà. Ma la casa  è ormai spoglia nel sogno, proprio come nella realtà. Elena sarà stanca, per questo le prepariamo  una soffice coperta colorata e cuscini. Quando Elena arriva, chiede le siano portate le sue 20 lettere che ha fatto mettere da parte. Nel sogno penso che siano preziose per Elena, perché sopravvissute alla diaspora di ogni sua cosa.

 

Oggi nel centenario 1921-2021, vorrei parlare di lei anche con Lei. Non si è risolto il rebus del sogno. Ma quelle 20 lettere continuano ad essere vive e presenti in forma di domanda. Domanda vuota: spetta forse a noi formularla per te? Pur nell’incertezza e a tentoni provo a risponderti Elena. Incomincerò dalla prima tua lettera sconosciuta.

 

Alla domanda di come volevi essere ricordata, quando nei tuoi ultimi tempi ti interpellavo - come poetessa - rispondesti.

Ardentemente desideravi continuità di presenza delle tue poesie, il cui libro Poesie. Opera omnia, Le Mani era ormai esaurito.

Ebbene, il volume  CHIUDERE GLI OCCHI E GUARDARE. Cento poesie per cento anni, che oggi viene alla luce per onorarti, credo sia  splendida risposta alla tua attesa. 

 

Ma poiché parliamo del tuo centenario, il mio pensiero emigra in altro tempo, era il 2002, ma il luogo è lo stesso: la Società Economica di Chiavari. Allora tu commemoravi mio padre, Decimo Galardi, con una  prolusione su papa Innocenzo IV, del quale  si donava una rara “lettera graziosa” con firma autografa del pontefice. Il tuo dire era ricco di una forma tutta speciale di attualità, nel suo rigore storico, perché tu parlavi di un personaggio che “ti aveva abitato” durante la stesura del  dramma teatrale LE SPADE E LE FERITE. Dicesti allora, e ben lo ricordo (anche se si può corroborare la memoria con una preziosa registrazione video) che tu sentivi un legame molto forte  con Innocenzo IV, come quello che lega un semplice amanuense con il suo  personaggio. Che differenza tra un racconto di terza mano e una rappresentazione che la tua parola animava rendendo vicino, presente lì nella sala, un così lontano personaggio storico, per noi che ti ascoltavamo incantati !

 

Un centenario racchiude un numero ragguardevole di anni in una unità. Ne cerco il significato e so di essere di fronte a un compito non facile, perché dovrei o vorrei parlare di te rispettando la grande sfaccettatura della Elena che ho saputo vedere, per quel che mi è stato dato conoscere e mi accorgo che il pensiero corre e si allarga a ricordi lontani, intrecciati con l’oggi. Anche i contorni delle persone  si dilatano. Tu eri la figlia del Preside Bono. Le nostre famiglie si conoscevano avendo vissuto vicinanza di tempi durissimi.

 

Penso alla guerra, la mia famiglia sfollata a La Squazza un non-dico-paesino, ma nucleo di un albergo e una casa nell’appennino Ligure dell’entroterra di Chiavari. Nella casa oltre a noi c’erano i Mazzini, Gian Maria coetaneo dei miei fratelli, io bambina e tu poco distante a Bertigaro.

 

 Tu sperimentavi sulla carne il dolore per la morte dei tuoi compagni che avevano scelto e donato la vita per la libertà. Io avevo visto con i miei occhi i dieci giovani fucilati per rappresaglia a la Squazza, a cui mio padre allora direttore didattico delle scuole di Sestri Levante, venne a dare misericordiosa sepoltura, con l’aiuto dei miei pur giovanissimi fratelli, avendo avuto cura di annotare ogni possibile particolare di riconoscimento di quegli innocenti, scrivendoli e conservandoli dentro una bottiglietta fuori e una dentro a ciascuna bara,  superando la difficilissima proibizione del comando tedesco alla inumazione, ottenuta quando i corpi erano già rigidi. 

 

Ma anche sfollati si poteva studiare se vicino c’era chi potesse insegnare. Il rapporto tra Elena e Gian Maria nacque allora: lui era un ragazzo adolescente e Elena più grande aveva già acceso il suo cuore d’amore: questo segreto confidò allora il futuro marito di Elena ad Alberto, mio fratello, il quale a sua volta si sentì, come tuttora ricorda, debitore a Elena quale indimenticabile maestra per l’arte.

 

Già l’arte. Era Francesco, il padre di Elena,  preside al Liceo Classico Delpino il maestro  che fece nascere e coltivò   in tante generazioni di giovani l’amore per la cultura classica e per la bellezza nell’arte. Generoso ad accompagnarci in visita a città come Firenze Pisa Lucca Pistoia o in Grecia. Perché il preside Bono era uomo noto come illustre umanista.

 

In questa atmosfera culturale di prim’ordine nascesti tu Elena, nutrita in ogni sua forma dal padre, uomo schivo ad ogni esteriorità, la cui amicizia si coltivava con il silenzio ricco di presenza. Ci conosceva ad uno ad uno noi studenti e ci salutava per nome all’uscita da scuola. Tu Elena che indubbi doni personali avevi avuto

in dote, potevi parlargli fin da bambina condividendo con lui i tuoi “pensierini” che egli conservava in segreto nel cuore con la stessa sacralità del suo  colloquio quotidiano col Cristo.

 

La religiosità era in te come in lui domanda   d’amore, anelito d’infinito. 

Quando tu mi feristi?

Forse ero ancora nel seno di mia madre 

o forse solo nei tuoi pensieri…

 Forse eri entrata molto presto nella accettazione del Mistero del Cristo, che è anche paradosso e scandalo della ragione.

Cristo, svegliati, non dormire.

Lo so, tu fingi di lasciarmi sola.

Ho bisogno di te,

di sentire il mio cuore nel tuo

Io voglio darti ad altri

che hanno fame di Cristo

e non lo sanno.

 

 Dedizione. Ma questo è campo invisibile e sacro in cui non ci è concesso entrare se non per quel che rivelano certi tuoi versi dalla parola ispirata eppur così intima, pudica.

 

 Anche la vita  quotidiana, oltre lo studio,  la scrittura, il lavoro chiedeva. Chiedeva  talora  leggerezza. E tu la trovavi, io credo, nella bellezza delle cose di cui ti circondavi e nei rapporti con le persone anche semplici a cui mai facevi pesare la tua, lasciami dire, superiorità intellettuale, culturale, creativa. Se non avessi conosciuto il mondo e gli uomini, come avresti potuto rappresentarne nei tuoi drammi altitudini  sublimi,  irritanti malvagità oltre il banale e persino il  repellente, come in alcuni tuoi personaggi di  FLAMENCO MATTO ?

Oppure quella drammatica compresenza di opposti, che si fa  lotta all’apparire nella coscienza di un barlume di luce, durante la sofferenza del dubbio?

 

Il titolo del libro neonato di oggi era implicitamente presente nelle tue parole      « Così semplice era tutto: chiudere gli occhi e guardare » (2) che appaiono quasi come distico in una tua raccolta di poesie manoscritte.
Perché, ti chiedo, e come guardare ad occhi chiusi? Sta qui il segreto di quella  tua interiorità? Eppure in te urgeva partorire la parola capace di raggiungere cuori sconosciuti. Poesia si chiama e disdegna, la tua, virtuosismi o furbizie emotive. Nasce unica e nuova nella sua eternità ed è già un classico il tuo dire. Potrai dirlo e ridirlo e sarà sempre fresco come acqua di sorgente.

Quando i tuoi occhi persero anche nella realtà la luce del giorno,  seduta a te  vicino, ti leggevo talora tue poesie e tu a memoria facevi loro eco e con gentilezza rispondevi alle mie domande, rivelando occasioni e realtà interiori delle tue ispirazioni. Ricordi?

Di una cosa vado orgogliosa: averti dato la gioia dell’ultima festa  nella tua casa museo, la casa che ti aveva visto con Gian Maria, contornata nel tempo da tanti  amici, artisti, musicisti, attori. E quando la preparavo con te tu mi incalzasti: un titolo, Eugenia, una parola ci vuole perché la festa ci sia. E ti desti risposta da sola: sarà PAROLA E MUSICA. (3)

Fu allora che recitasti per l’ultima volta davanti al tuo pubblico Tre epitaffi partigiani, poesie che oggi vivono tra le cento dei tuoi cent’anni.
Auguri, Elena!

 

 

(1)  Pastello di Augusta Tassisto “Il sogno”

(2) Foto manoscritto

(3) Foto “Elena recita” (ft Fernando Galardi)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Augusta Tassisto, Le 20 Lettere di Elena, Pastello

2. manoscritto

 

 

 

3. Elena recita per l’ultima volta 

Alcune informazioni sull'autrice del Blog 


Eugenia Galardi Perasso


Laureata in filosofia nel 1962, collabora con il filosofo epistemologo Evandro Agazzi nella stesura della sua opera completa.

 

Studiosa di Carl Gustav Jung, ha diretto seminari sul rapporto tra sogno e inconscio.

Ha ideato e organizzato seminari su l’I Ching, Il libro dei mutamenti.

 

Docente titolare di storia e filosofia nei licei a Genova e a Roma, ha sempre cercato di individuare metodi innovativi per rendere attivo l’apprendimento della filosofia da parte dei ragazzi e ricevendone durante il movimento del ’68 l’apprezzamento degli studenti che rifiutavano insegnamenti autoritari.

 

Per fare emergere il grande potenziale creativo degli studenti tra i 16 e 19 anni, ha individuato il teatro come forma di creazione concreta del sapere. Il metodo consisteva nella creazione (dall’inizio alla fine) dell’opera teatrale, basandosi su fonti filosofiche e storiche originali. Appassionandosi a questo lavoro i ragazzi scrivevano pièces originali, diventando autori, sceneggiatori, costumisti, registi e talora anche musicisti. 

 

Ha fatto parte della Società Filosofica Italiana, lavorando al rinnovamento dell’insegnamento filosofico nella Sezione Didattica, con conferenze, convegni, partecipazione attiva a congressi.

 

Si è poi dedicata alla ricerca didattica e formazione dei docenti ideando e dirigendo a Roma il Progetto “Scuola Economia” e la rivista omonima edita da Paravia, e alla rivista “Epsilon” per le discipline scientifiche. Ha progettato incontri di formazione e convegni nazionali con Associazioni di docenti (FNISM), Università, Società degli Economisti, Ministero della Pubblica Istruzione, Il Sole 24ore, ABI, Confindustria.


Ha curato come libera professionista la comunicazione istituzionale per Formez, Unione Camere Penali, Carisch Editore, ENI, ITALGAS, Comune di Roma.

 

Ha creato la EOS, Società Italiana per le Relazioni Sociali, realizzando mostre e manifestazioni artistiche nazionali con personalità quali Mario Luzi e Salvatore Fiume.


Ha collaborato con Sergio Zavoli al progetto di Interviste pubblicate su il Corriere della sera.

Ha collaborato con Giovanni Goria in un progetto sulla Qualità delle acque, qualità della vita.

 

Ha diretto come primo dirigente un Ufficio della Presidenza del Consiglio dei Ministri durante il primo Governo Prodi.


Ritornata nel 2000 a Chiavari, sua città natale, ha fondato l’Associazione Culturale Nuova Eos, rinnovando il suo interesse creativo nella poesia, nella musica, nell’arte scultorea, nella pittura, promovendo e dirigendo mostre ed eventi, coinvolgendo le istituzioni e la cittadinanza.

 

In quegli anni ha scritto i volumi:

Consultazioni de l’I King

Giovanni Paolo II un dono, nella scultura di Gaspare da Brescia 

Musica oltre le note

L’occhio di Jung (con Altri)

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